Aveva la sensazione di essere perennemente su un tappeto mobile, di quelli che si trovano negli aeroporti dove senza muoverti ti porta dritto tra i cieli. Per lui non era una sensazione di comodità, a lui non piaceva stare fermo ed aspettare di arrivare, ma voleva arrivare muovendosi; invece si sentiva camminare immobile visto, osservato, apprezzato a tratti inviadato, colpito dai tanti sguardi ma nessuno di questi riusciva a catturarlo. La sensazione precisa era quella di essere diventato inafferrabile. Perché? Era troppo distante? Nessuno riusciva ad essere colpito pur se ammirato? Era a causa della solito è ossessiva idea di far ‘paura’? Intanto, il tappeto lentamente andava e lo portavo avanti e gli altri lo vedevano, qualcuno si girava è sempre più sentiva di essere inafferrabile, eppure quanto sentiva necessario, vitale per se essere catturato, intrappolato, ma poi la solita difficoltà lo invadeva, quella di respirare, si sentiva improvvisamente oppresso. Aveva nello stesso momento il bisogno di essere afferrato, ma anche una disturbante sensazione di oppressione. Era umano, la paura di lasciarsi andare probabilmente era ancora presente in lui è ciò causava là sentimenti contrastanti, bipolari che se da un lato lo confondevano, dall’altro lo convincevano ancor di più che presto sarebbe sceso da quel tappeto e avrebbe camminato con i suoi tempi facendosi afferrare dalla vita e perché no, si sarebbe lasciato intrappolare da quei fantastici sogni che possono anche restare tali ma che gli lasciavano un dolce e intenso brivido….rdn
Foto: sculture lungoporto, Barcellona